Una storia unica quella di Piaget, iniziata tra le montagne del Giura svizzero nel lontano 1874, cresciuta nel rigore della più pura tradizione orologiera, e, nella seconda metà del Novecento, interprete dei cambiamenti della società e della profonda trasformazione che allora investì l’idea stessa dell’eleganza e del lusso. Il momento cruciale di questa evoluzione si colloca tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta del Novecento. E non è un caso. La Maison viveva allora un momento di grande maturità, legato allo sviluppo dei due calibri ultrapiatti 9P e 12P: il primo, presentato nel 1957, era un movimento meccanico a carica manuale di 20 millimetri di diametro (da qui la sua denominazione, dove 9 sta per 9 linee) e 2 millimetri di spessore; il secondo, che nasceva dopo tre anni, era il calibro automatico con micro-rotore 12P, il cui spessore misurava appena 2,3 millimetri.
Questi importanti traguardi tecnici rappresentarono allora il culmine di un percorso orologiero iniziato oltre settant’anni prima da un giovanissimo Georges-Édouard Piaget, il fondatore della Manifattura a La Côte-aux-Fées, dove nel 1874 era stata avviata una produzione di movimenti di alta precisione, destinati a diversi produttori dell’orologeria dell’epoca. Traguardi che al tempo stesso resero possibile l’inizio di un corso nuovo e rivoluzionario per la Casa, che finalmente avviava una regolare produzione a firma Piaget, basata su un profondo patrimonio tecnico e sulla consapevolezza delle enormi potenzialità dei risultati ottenuti nel cuore della Manifattura: i movimenti sottili e di piccole dimensioni consentivano finalmente quella libertà creativa che negli anni successivi sarebbe diventata uno dei tratti distintivi della produzione Piaget, e del carattere stesso della marca. Iniziava allora a delinearsi uno stile fortemente identitario, sottolineato dalla scelta di utilizzare per le proprie creazioni solo metalli preziosi – oro e platino -, ideali per dare forma a stra- ordinari orologi-gioiello, molti dei quali caratterizzati da quadranti in pietre dure colorate o da raffinati sertissage. Il manifesto del nuovo corso fu svelato in tutta la sua energia nel 1969, alla Fiera di Basilea, con la collezione 21st Century: una sintesi mai più abbandonata tra alta orologeria e alta gioielleria, anticonvenzionale e innovativa, formata da alti bracciali a manchette o da sautoir a catena con intrecci, pendenti e orologi dai quadranti a tinte vivaci.
Ne era protagonista assoluto l’oro, al quale gli abili artigiani della Maison conferirono una personalità nuova e un’espressività propria attraverso inedite tecniche decorative: la più nota è l’incisione Decor Palace, eseguita rigorosamente a mano e sviluppata a partire dal 1961, che rappresenta tuttora una delle firme stilistiche di Piaget, con diverse applicazioni sia in gioielleria che in orologeria. Ma ce ne furono – e ce ne sono – altre, accomunate da un principio semplice e speciale al tempo stesso: l’oro che da semplice materiale prezioso o base per dia- manti ed altre gemme diventa racconto di sé in un ampio ventaglio di possibilità espressive, trasformandosi di volta in volta in corteccia d’albero, cristalli di ghiaccio, nella superficie brillante di uno specchio d’acqua o in un nastro di seta. Dando quindi vita a creazioni preziose e originali, destinate alla cosiddetta Piaget Society, una sorta di “community” di persone che si riconoscevano nello stile raffi- nato e innovativo della Maison, pronta ad accogliere le più attraenti promesse di futuro provenienti dal clima positivo dell’epoca. Ne fecero parte molti artisti di fama internazionale e star del cinema.
Tra tutti l’eclettico Salvador Dalí, con il quale nel 1967 Piaget realizzò una collezione esclusiva di orologi e gioielli nei quali venivano utilizzate monete d’oro, alcune delle quali coniate proprio su richiesta dell’artista con il suo ritratto e con quello della moglie Gala. Collezione per il cui lancio in grande stile fu scelto l’Hôtel Meurice di Parigi, e che rappresentò una vera e propria consacrazione per Piaget negli ambienti più esclusivi del tempo.
Nel corso degli anni Sessanta, insomma, era già pienamente in atto una vera e propria svolta nella storia della Maison, per la quale si aprivano, contestualmente al ruolo crescente in orologeria, anche le porte dell’alta gioielleria. Una “doppia anima” che sarebbe diventata da allora una sua caratteristica peculiare, portata avanti con impegno e serietà negli anni a venire: a volte separate e a volte insieme, ma sempre ad altissimi livelli, orologeria e gioielleria continuano oggi a rap- presentare l’immagine più autentica della marca. La prima conserva il suo centro nevralgico a La Côte-aux-Fées, dove vengono tuttora realizzati i movimenti meccanici, men- tre a Ginevra, dove a partire dal 2001 è stata inaugurata la seconda Manifattura della Casa, si è concentrata la produzione di gioielleria.
1979: NASCE IL PIAGET POLO
Lanciato nel pieno del successo della marca negli ambienti più esclusivi e alla moda della società dell’epoca, il Piaget Polo rifletteva anche quel clima storico da cui scaturivano nuovi stili di vita e, dunque, la ricerca di un orologio sportivo e chic al tempo stesso. Cambiamenti che diversi grandi nomi del- l’orologeria interpretarono attraverso eleganti modelli d’acciaio, divenuti nel tempo molto famosi e tuttora apprezzati dal pubblico. An- che Piaget scese in campo, “sollecitato” da quella Piaget Society che amava riconoscersi nelle creazioni esclusive della Maison e in uno stile di vita sempre più glamour, come spiegava all’epoca Yves Piaget: «Abbiamo dovuto soddisfare questa nuova richiesta dei nostri clienti, che sono abituati ad acquistare solo orologi eleganti. Ora, invece, dedicano sempre più tempo allo sport. È un cambia- mento che fa parte dello stile di vita contemporaneo. I nostri clienti vogliono essere raffinati e indossare un bell’orologio anche durante l’attività fisica. E così abbiamo creato questa linea sportiva, che è impermeabile e resistente agli urti».
Il riferimento al polo, sport d’élite per eccellenza, non poteva essere più appropriato. Tanto da tradursi nella sponsorizzazione da parte di Piaget del più importante torneo di polo al mondo: la Piaget World Cup a Palm Beach, in Florida. Nasceva così un orologio dal design dirompente che univa cassa, quadrante e bracciale in un motivo unico a godron lucidi alternati ad elementi spazzolati. Un vero e proprio paradigma di integrazione sottolineato dall’uso esclusivo dell’oro, declinato in forme espressive originali e subito riconoscibili.
Pubblicizzato all’epoca come «l’orologio sportivo per eccellenza», il nuovo modello di Piaget poteva essere avvistato tanto nei Polo Club più esclusivi quanto nei night frequentati dall’alta società. Un orologio impermeabile e resistente agli urti – come ricordava Yves Piaget e come dettava la sua natura sportiva – ma al tempo stesso prezioso ed esclusivo. Con un bracciale integrato e rastremato, capace di avvolgere il polso come una seconda pelle, e uno spessore ridotto assicurato dal- l’ormai consolidata specializzazione della Maison nella realizzazione di movimenti ultrasottili. Un tema, quest’ultimo, che all’epoca fu oggetto di un interessante aggiornamento. Dopo i risultati eccellenti ottenuti nel campo dei movimenti meccanici, infatti, Piaget dedicò importanti risorse allo sviluppo dei movimenti al quarzo, settore all’epoca dominato dai giapponesi. Lungi dall’ignorare la “minaccia” del quarzo, e diversamente da altri produttori svizzeri dell’epoca, Piaget fu infatti tra i fon- datori del Centre Électronique Horloger – nel cui consiglio scientifico sedeva lo stesso Yves Piaget -, ovvero della risposta svizzera
alla rivoluzione del quarzo. Fu in questo am- bito che venne messo a punto il calibro 7P, all’epoca il più sottile al mondo, montato sui primi esemplari del Piaget Polo. Negli anni ’80 fu invece adottato il movimento 8P, di appena 1,95 millimetri, sebbene alcuni esemplari dell’ormai celebre orologio montassero il calibro meccanico 9P. Intanto il fenomeno Polo era esploso, dando vita ad una serie di varianti, alcune delle quali piuttosto lontane dall’originale del 1979: apparvero infatti modelli quadrati, modelli incastonati con pietre preziose, in oro bicolore e persino con cinturino in pelle.
PIAGET POLO 79, 45 ANNI DOPO
A 45 anni di distanza dal suo lancio, e in occasione del 150° anniversario della Maison, il Piaget Polo ritorna in un’estetica estrema- mente fedele all’originale. Gli aggiornamenti più importanti, di natura sia formale che tecnica, sono funzionali all’idea – oggi irrinunciabile – di creare non una mera replica, ma un orologio contemporaneo: da qui la scelta di una cassa di 38 millimetri di dia- metro, poco più grande dell’originale, assolutamente in linea con le ultime tendenze in orologeria e perfetta sui polsi maschili come su quelli femminili, con un’impermeabilità garantita fino a 5 atmosfere di pressione; ancora relativamente all’ indossabilità, anche lo spessore gioca un ruolo non secondario, limitandosi a 7,45 millimetri. Questo dato ci conduce a quella che è la differenza più importante tra l’esemplare attuale e l’originale del 1979, ovvero il movimento: il nuovo Piaget Polo monta infatti il calibro automatico ultrapiatto 1200P1, uno dei “gio- ielli” della Manifattura Piaget. La famiglia di appartenenza è dunque quella del noto calibro 1200P , movimento automatico con micro-rotore, 21.600 alternanze/ora (3 Hz) e 44 ore di riserva di carica, messo a punto presso la Manifattura Piaget nel 2010, in oc- casione del 50° anniversario dello storico calibro 12P . Un movimento che inizialmente è stato utilizzato su modelli classici, per poi aprirsi ad una serie di ulteriori aggiornamenti, in linea con un’evoluzione di tipo sportivo della collezione Piaget, e dunque utili a ri- spondere alle esigenze legate ad un uso quotidiano dell’orologio. A partire dal lancio del Piaget Polo Skeleton e del relativo calibro 1200S1, sono stati dunque implementati gli standard riguardanti l’anti-magnetismo, la resistenza agli shock, la stabilità della cronometria e la regolazione. Da qui l’aggiornamento della sigla, che nel caso del nuovo Piaget Polo è 1200P1. L ’oro rimane il grande protagonista. Utilizzato per la cassa, il bracciale, il quadrante e le lancette – circa 200 grammi di oro giallo 18 carati, con la lavorazione a godron e l’alternanza di finiture lucide e opache a dare movimento e carattere – conferisce un’estetica inconfondibile all’orologio. Prezioso e sportivo, iconico eppure sorprendente, il nuovo Piaget Polo interpreta quella sintesi straordinaria di eleganza e stravaganza che caratterizza molte delle creazioni della Maison, sintesi dalla quale è nata l’efficace espressione Extraleganza. Una parola nuova, che racconta il presente di Piaget ma anche il suo passato, mai tanto coerenti come ora.