Secondo Polso

Watch Industry Report 2025 – Parte 1: bilanci ed esportazioni

I primi sei mesi del 2025 hanno confermato che l’orologeria svizzera sta attraversando una fase di transizione. I segnali sono contrastanti: da una parte, l’industria ha dimostrato capacità di adattamento in un contesto globale instabile; dall’altra, gli shock esterni, dazi, oscillazioni valutarie e rallentamento cinese, hanno messo sotto pressione esportazioni e conti economici, obbligando i principali gruppi a rivedere strategie e pricing.

La svolta è arrivata tra marzo e aprile, quando gli Stati Uniti hanno annunciato nuovi dazi sulle importazioni di beni di lusso europei, tra cui gli orologi svizzeri. Il franco svizzero, già forte da inizio anno, si è ulteriormente rafforzato rispetto al dollaro, comprimendo i margini per i produttori. Parallelamente, il prezzo dell’oro ha toccato nuovi massimi, aumentando i costi di produzione per i modelli più pregiati. L’insieme di questi fattori ha creato un clima di incertezza che ha inciso sulle scelte logistiche e commerciali di tutti gli attori del settore.

Le esportazioni: sprint e frenata

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Nel primo trimestre, le esportazioni svizzere avevano mantenuto un profilo prudente ma positivo (+1,5% a marzo su base annua). Tuttavia, è stato aprile a registrare il picco più significativo: +18,2% rispetto allo stesso mese del 2024, con spedizioni verso gli Stati Uniti aumentate del 149%. Questo dato eccezionale non è il segnale di una domanda esplosiva, ma il risultato di un’azione tattica, il cosiddetto front-loading, in vista dell’entrata in vigore dei dazi.

La reazione è stata però immediata: a maggio, le esportazioni complessive sono crollate del 9,5% rispetto all’anno precedente, con una flessione del 25,3% proprio negli USA. Questo ha trascinato in basso il bilancio dei primi cinque mesi: la crescita complessiva si è ridotta a un debole +1%, e il numero totale di orologi esportati è sceso ai minimi dal 2020.

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Performance finanziarie dei principali gruppi del lusso

I risultati finanziari dei principali gruppi del lusso riflettono chiaramente queste dinamiche, anche se con intensità differenti.

LVMH, con la trimestrale Q1 pubblicata il 14 aprile, ha riportato ricavi complessivi in calo del 2-3% rispetto al 2024, ma ha mostrato un segnale di tenuta nella divisione Orologi e Gioielli, cresciuta dell’ 1%, trainata da TAG Heuer, Bulgari e Tiffany. Al contrario, la moda e pelletteria ha segnato -4%, a causa della debolezza della domanda negli Stati Uniti e in Asia. Questo conferma che il segmento orologiero, pur non immune, ha dimostrato maggiore capacità difensiva.

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Richemont, che ha chiuso il suo anno fiscale a marzo e ha pubblicato i risultati a inizio maggio, ha registrato vendite stabili a cambi costanti e in lieve calo dell’1% a cambi correnti. L’Europa e il Medio Oriente hanno sostenuto i risultati, mentre la Cina ha deluso. I marchi ad alto posizionamento come Vacheron Constantin e A. Lange & Söhne hanno tenuto bene, mentre brand come IWC e Panerai hanno risentito di un rallentamento nei canali wholesale. Il canale diretto al cliente ha invece continuato a performare positivamente.

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Infine, Rolex, pur non pubblicando dati finanziari ufficiali, ha annunciato a inizio maggio un aumento del 3% dei listini negli Stati Uniti. Il rincaro si è concentrato sui modelli in oro, per assorbire l’incremento dei costi e anticipare l’impatto dei dazi. Un gesto emblematico che mostra come anche il marchio più solido non possa ignorare le pressioni esterne.

Conclusione

La prima metà del 2025 ha messo alla prova l’industria orologiera svizzera. L’impennata artificiale delle esportazioni ad aprile non ha mascherato le difficoltà strutturali di un mercato globale frammentato e in trasformazione. Ma la vera sfida sarà nel secondo semestre, quando si vedrà se le contromisure basteranno a preservare redditività e volumi, oppure se il settore dovrà ridefinire più a fondo le sue strategie di crescita.

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