Articoli

CRISTALLI TRASPARENTI

Una tendenza, anche se riservata a pochi esemplari, che negli anni più recenti ha visto sempre più maison cimentarsi nella lavorazione del vetro zaffiro per casse, quadranti, componenti del movimento e persino bracciali. Questa volta il nostro viaggio tra i materiali utilizzati in orologeria si ammanta di un fascino etereo e limpidissimo.

di Laura Murgia

Quando si parla di vetro zaffiro e segnatempo si pensa, generalmente, al vetro che sovrasta il quadrante – e il fondello, nel caso in cui il movimento sia a vista – e che da un certo punto in poi ha soppiantato i vetri costruiti in materiale plastico (vetro infrangibile), in vetro normale, e nel cosiddetto vetro minerale (vetro temperato), poco scalfibile. Rispetto a questi il vetro zaffiro è caratterizzato da un’elevata trasparenza e da una superiore resistenza ai graffi, ma è anche più costoso, e viene impiegato in particolare per modelli di gamma medio-alta. Negli ultimi anni il vetro zaffiro, o cristallo di zaffiro, ha assunto un ruolo da protagonista andando a costituire ulteriori elementi di un orologio, a partire dalla cassa, ma anche il quadrante, parti del movimento e, recentemente, persino il bracciale.

L’invenzione dello zaffiro sintetico, quello comunemente utilizzato per i segnatempo, si deve al chimico francese Auguste Victor Louis Verneuil, vissuto tra la seconda metà del 1800 e l’inizio del 1900. Con zaffiro sintetico, o più genericamente gemma sintetica, si intende una creazione di laboratorio con le stesse caratteristiche fisiche e chimiche del corrispondente naturale. La storia dei prodotti sintetici e dei relativi metodi di sintesi è concentrata negli ultimi cento anni, e oggi la tecnologia a essa associata ha raggiunto livelli tali da assicurare caratteristiche quali la quasi totale assenza di inclusioni, che consentono di ottenere una materia estremamente trasparente e pulita. Anche se minuscole bolle d’aria vicine tra loro, o la presenza di bande curve all’interno del cristallo, indicano “semplicemente” la presenza di gas intrappolati durante il processo di crescita o di residui del materiale fondente usato per sintetizzare il cristallo.

Pur se attualmente esistono diversi procedimenti per la produzione delle gemme di sintesi, sviluppati negli anni a seguito della “scoperta” del metodo Verneuil, questo rimane tra i più semplici e utilizzati ancora oggi. Le ricerche dello scienziato partirono da quelle dei chimici Frémy e Feil, che avevano creato cristalli di rubini sciogliendo in un crogiuolo i componenti del materiale. Nel 1902 Verneuil annunciò ufficialmente il proprio metodo già brevettato nel 1891, per mezzo del quale, tramite un procedimento di fusione alla fiamma, fu possibile forgiare rubini sintetici di grandi dimensioni partendo dall’allumina con l’aggiunta di ossido di cromo per conferire la caratteristica colorazione rosso/viola. Finemente polverizzato, il materiale di base viene posto all’interno del forno Verneuil, uno speciale forno configurato con un’apertura nella parte inferiore attraverso cui, grazie alla caduta di una polvere dall’alto con un processo che ricorda la formazione delle stalagmiti, il materiale fuso dal calore sprigionato da una fiamma ossiacetilenica inizia a uscire goccia a goccia. Dando vita a un cristallo cilindrico di grandi dimensioni chiamato “boule”, che in seguito verrà tagliato al diamante e lucidato in base all’utilizzo che se ne intende fare…

L’articolo intero è pubblicato su Orologi, le misure del tempo n#345 giugno-luglio

Articoli simili